La prevenzione del melanoma è sicuramente uno degli ambiti di ricerca e divulgazione a cui tengo maggiormente: cerco di sensibilizzare le persone rispetto all’importanza di proteggere la pelle dall’esposizione ai raggi UV che sono i maggiori responsabili dei tumori della pelle.
Oltre alle buone abitudini quotidiane e alla cura della pelle, però, sono fondamentali i controlli periodici: l’autoanalisi e la visita dermatologica ai nevi permettono di avere una situazione sempre monitorata e aggiornata.
Oggi sono moltissime le persone che richiedono, almeno annualmente, di sottoporsi ad uno screening completo dei nevi ma esistono alcuni fattori critici che rendono questa scelta non sempre semplice e spontanea.
Tra gli aspetti problematici, c’è la difficoltà nella selezione del dermatologo/della dermatologa adatta a noi; un tema importante che ho affrontato QUI.
Ci sono poi le questioni che riguardano risorse insufficienti o mal distribuite, lunghe liste d’attesa nel SSN e costi economici non sempre, e non da tutti, affrontabili.
Ma ci sono anche altri due temi che vorrei approfondire in modo particolare in questo articolo, degli aspetti che ho riscontrato varie volte nella mia esperienza professionale: il problema della nudità e il contatto fisico.
Partiamo dal fatto che mostrare la propria pelle significa spogliarsi, sia in senso figurato sia in senso fisico. Anche se si tratta di rendere visibile un centimetro del mio corpo, in ogni caso, per poterlo fare, devo scoprire quella parte.
Devo scoprirla da eventuali indumenti ma devo anche renderla accessibile alla medica/al medico che mi sta visitando.
Devo, cioè, permettere ad una estranea/un estranea di osservarmi e toccarmi.
Nella visita dermatologica dei nevi, in particolare, è necessario esplorare ogni zona del corpo, quindi è fondamentale spogliarsi completamente.
Questa necessità suscita emozioni complesse, così presenti e limitanti, tanto da indurre alcune persone ad evitare di prenotare la visita.
Oppure, il momento della visita diventa un vero e proprio calvario: si provano vergogna, disagio, imbarazzo, tensione, sofferenza.
Quante volte ho visto le mie pazienti coprirsi velocemente il seno, oppure vergognarsi e giustificarsi per le loro forme e i loro corpi “non conformi”, e ancora, scusarsi per non essersi depilate.
Riesco a sentire e ad immedesimarmi in queste difficoltà sia perché la comprendo personalmente, sia perché riesco ad individuarne le ragioni che la generano.
Il contatto fisico è una questione seria, così come lo sono l’accessibilità e la disponibilità del nostro corpo e la nudità.
Io, per prima, ho molte difficoltà a farmi toccare da estranei, mi genera non poche resistenze. Amo gli abbracci e sono affettuosa con le persone che conosco; una mia paziente, prima del Covid, mi ha confidato che amava moltissimo la nostra abitudine di abbracciarci per salutarsi prima della visita e la aiutava a superare la tensione e la paura, dato che aveva già avuto un melanoma. Questo tipo di contatto, per me, è comunicazione umana, sostegno, empatia e affetto.
Allo stesso modo, però, vivo con disagio il contatto fisico con gli sconosciuti. Lo sanno bene le mie amiche: non mi regalerebbero mai un massaggio in una Spa, significherebbe mettermi davvero in difficoltà!
Quindi, paura di scoprirsi, della nudità e del contatto fisico: sono tutti elementi che possiamo vivere e ritrovare in una visita dermatologica e, in particolare, in una visita di controllo dei nevi.
Ma perché succede?
A mio parere, ci sono tante ragioni e non esiste una risposta unica e valevole per tutte le persone. È anche vero, però, che, in qualche modo, possono aiutarci a capire meglio le dinamiche che si innescano durante una visita dermatologica in relazione a pelle, nudità e contatto fisico.
1- IL RAPPORTO INTIMO CON LA PELLE
Abbiamo un rapporto davvero particolare con la nostra pelle: essa definisce la nostra forma e la nostra consistenza. Lei parla di noi, codifica le nostre emozioni, esprime il nostro livello di benessere e i nostri stati d’animo.
Inoltre, la pelle ci rende sensibili al contatto e alla presenza dell’altro. Riconosciamo l’intimità di questo rapporto esclusivo che abbiamo con la nostra pelle. Ecco perché il contatto con essa, la possibilità che una persona estranea la tocchi e la manipoli, non è affatto scontata.
Nel rapporto medicə paziente questo aspetto deve essere sempre considerato seriamente ed è importante che la sensibilità della/del paziente sia sempre rispettata.
Per esempio, durante le mie visite io chiedo sempre il consenso alla/al paziente per spostare con le mie mani un indumento, capelli, ciuffi, occhiali oppure prima di toccare una parte del corpo. Questo per me vale con qualsiasi paziente e a qualsiasi età.
In una recensione una mamma ha scritto di aver apprezzato moltissimo che, prima di alzare la maglietta al figlio e toccargli la pelle, io gli abbia chiesto il permesso e abbia aspettato che me lo concedesse prima di procedere. Per me è stato tutto molto spontaneo, forse perché io stessa vorrei trovare un approccio simile e perché non dò per scontato che la/il mia/o paziente viva questa situazione tranquillamente.
2- PELLE E MODELLI ESTERNI
La pelle, poi, è sottoposta a molte influenze e modelli esterni: i social, il marketing, le mode ci mostrano immagini di pelle perfette e con caratteristiche estetiche precise.
Le persone si sentono in dovere di nascondere tutte quelle caratteristiche che vengono considerate come difetti e di dover correggere continuamente la propria pelle.
Così, quando una caratteristica della pelle non è conforme al modello estetico imposto dalla società, gli individui si considerano brutti, sbagliati o colpevoli di non essersi presi abbastanza cura della pelle.
Ecco perché alle pazienti/ai pazienti subentra la vergogna di mostrare, anche alla medica/al medico, la propria “pelle difettosa”, un imbarazzo che deve essere accolto e compreso per poter essere superato insieme.
3- NUDITÀ, PUDORE E ACCETTAZIONE DEL CORPO
Il tema della nudità è molto complesso perché va a toccare diversi aspetti, alcuni dei quali sono reazioni e istinti atavici e profondi.
La frase “Si spogli” è una frase potentissima, che crea una certa disparità e ineguaglianza tra la medica/il medico e la paziente/il paziente.
Essere nudə ci fa sentire vulnerabili, senza protezioni, in balia dello sguardo altrui. Molto spesso nella storia umana, la nudità è stata utilizzata come forma di umiliazione e di sottomissione.
Inoltre, una certa cultura ha giudicato la nudità immorale, oscena e impura. Il corpo va coperto e il pudore deve regolare le azioni dell’essere umano. Per molte persone spogliarsi crea non pochi conflitti morali.
Infine, il corpo è sottoposto a una grandissima pressione e richiesta estetica: la società ha prescritto stereotipi e modelli estetici che si impongono violentemente nella percezione e dell’accettazione che abbiamo di noi stessə.
Accettare e apprezzare il proprio corpo, non provare vergogna nel mostrarlo, non sentirsi sbagliatə sono aspetti molto personali e complessi.
Io lascio il dialogo aperto così che la paziente/il paziente si sentano liberi di esprimere le proprie perplessità e paure, senza censure e senza il rischio che vengano minimizzate.
In un’altra recensione, una paziente ha apprezzato il fatto che avessi colto la sua difficoltà nello spogliarsi completamente. Le ho proposto di spogliarsi a pezzi e di ricoprire subito la zona già controllata con il dermatoscopio.
Tutti gli aspetti che abbiamo analizzato sono importantissimi e reali. D’altro canto è importante anche ricordarsi che la dermatologa/il dermatologo sono professionisti/e che si avvicinano al corpo e alla pelle con atteggiamento e scopi scientifici e clinici. Non hanno il compito di giudicare i corpi e la pelle dei/delle pazienti, né di sottolinearne i difetti. Osservano la pelle e i corpi con adeguato distacco e oggettività.
Lo dico sinceramente… sono talmente abituata a osservare la pelle nuda che ormai non la noto nemmeno più!
Ti è mai capitato di sentirti in imbarazzo nel mostrare il corpo durante una visita medica?
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